Dai tempi dell’antica Grecia le istituzioni democratiche hanno dovuto imparare a proteggere i loro processi da interferenze esterne.La disinformazione è una delle armi preferite dai nemici della democrazia: efficiente, poco costosa, difficile da tracciare, garantisce a chi la usa un minimo di anonimato.In questi giorni è qui in Italia Maksymilian Czuperski, un pioniere nella lotta alla disinformazione, per chiederci di vigilare affinché le prossime elezioni di marzo 2018 non vengano strumentalizzate dai nemici della democrazia.Lo abbiamo incontrato il 14 novembre presso lo studio Curtis, Mallet-Prevost, Colt & Mosle LLP, di Roma in occasione dell’incontro Elections in a Digital Engagement Age – How to Build Digital Resilience, organizzato dalla Associazione Amerigo e con il patrocinio dell’Ambasciata Americana.Czuperski ha riassunto così il suo punto di vista: “Settant’anni fa si faceva propaganda lanciando volantini dagli aerei … diffondere fake news è molto più semplice: sono attentamente selezionate sulle preferenze dell’individuo, e arrivano sui nostri cellulari ogni mattina.” La comunicazione sui nuovi social mediaè divenuta “orizzontale” (ad esempio, possiamo rilanciare ai nostri amici un tweet di Donald Trump) e sono proprio questi “rilanci” a facilitare la diffusione delle notizie e dei sentimenti delle persone.Specifiche tecniche di disinformazione utilizzano questi canali per alterare i processi democratici: comunicando un fatto realmente accaduto, ma alterando il contesto ed il tono della notizia, vengono creati messaggi “forti” in grado di agire sui sentimenti delle personediffondendosi attraverso la rete.Quando la partecipazione al voto è bassa, basta una piccola massa di voti per alterare il risultato elettorale: in una democrazia matura “solo una parte degli aventi diritto si reca alle urne, quindi quelle decine di migliaia di tweets, se riescono a creare un trend efficace, possono fare la differenza”. Czuperski è direttore del Digital Forensic Research Lab presso l’Atlantic Council, un think-tank che dai tempi del conflitto tra Russia ed Ucraina (estate 2014) è all’avanguardia nella lotta alla disinformazione. “Tutti gli Stati difendono i propri interessi. La Russia è comandata da un regime autoritario, dove i giornalisti non possono parlare apertamente, la legittimità delle elezioni è dubbia, non esistono i principi liberali su cui sono fondate le civiltà occidentali.”Passando all’attualità, afferma che il vero obiettivo di chi utilizza la disinformazione è quello di colpire i fondamenti della democrazia: “Oggi molti americani mettono in dubbio la legittimità dei risultati di elezioni democratiche.”Da tecnico competente, Czuperski conclude però esortandoci a non arrivare a conclusioni affrettate: “Credo sia sempre facile mettere nel mirino una sola persona, come Donald Trump. Ricordiamoci però che Trump non è l’America, così come Putin non è la Russia, anche se vorrebbe che fosse così. Le indagini sono ancora in corso, è presto per dare un giudizio.”